“Siamo sempre stati all’avanguardia nel fare economia d’acqua, per necessità. Lavoriamo su terreni sabbiosi, estremamente permeabili e da tempo ormai utilizziamo le manichette gocciolanti. Manca ogni sorta di infrastruttura. Ancora lavoriamo con i pozzi, perché l’acqua di irrigazione del consorzio di bonifica non arriva fino a noi. Per 18 anni abbiamo dovuto lavorare con i generatori, mettendoli al riparo la notte perché non ci venissero rubati, e riposizionandoli al mattino” racconta Salvatore Pala, titolare dell’azienda agricola Sa Marigosa, distesa a lambire gli stagni di Trottas, Pischixeddu, Domu su cuaddu ed Istai nel territorio di Riola Sardo.
Nel 1986, quando l’azienda muoveva i primi passi, l’ufficio dove oggi Pala siede fra le carte non esisteva. Solo qualche serra, il sistema di pompaggio e un magazzino, amministrati con fatica e coraggio da tre giovani ragazzi. Oggi Sa Marigosa garantisce lavoro a 40 persone, in parte impiegate in una organizzazione produttori parallela. Coltivazione, logistica, commercializzazione, e da qualche tempo anche trasformazione di alcuni prodotti, venduti in un piccolo spaccio nella cornice interna della vasta costruzione, dove sfilano incessantemente uomini e muletti. In totale circa 800 ettari per cavolfiori, grano, angurie e meloni, pomodori, melanzane, peperoni e cetrioli distribuiti in tutto il territorio regionale. D’inverno la produzione si concentra soprattutto sul carciofo spinoso, che per l’80% verrà venduto nella penisola.
La piccola stazione metereologica è situata fra le file dei giovani ulivi, ai bordi del campo numero 7, antistante i capannoni. Una colonnina per la rilevazione di temperatura dell’aria, umidità relativa, radiazione, velocità e direzione del vento, pluviometro, contatore di pioggia giornaliera, punto di rugiada. “Prima si procedeva empiricamente” spiega Monica Secci, agronoma di Sa Marigosa, mentre attraversiamo il campo diretti al secondo elemento dell’avanguardistico sistema di irrigazione a goccia, prodotto da Netafim e installato anche con il supporto di Maristanis e Confagricoltura Oristano.
Due sonde scendono a 20 e 40 centimetri. Una terza invece è spostata lateralmente, e affonda anch’essa per 20 centimetri nel suolo. La seconda colonnina trasmette i dati sull’umidità del terreno a computer e cellulari, segnalando la necessità di attivare il sistema di irrigazione, indicando la quantità d’acqua opportuna, stillata dalle ali gocciolanti collocate lungo i filari. Manichette di plastica rigide, resistenti, che evitano la sostituzione frequente. Il calcolo della quantità d’acqua necessaria viene elaborato secondo i dati atmosferici registrati dalla stazione metereologica, capace anche di previsioni. “È importantissimo risparmiare l’acqua, utilizzarla con precisione, e nel momento più appropriato”, dice Secci.
“Si può arrivare a un risparmio del 25-30%”, afferma Alberto Puggioni, capo agronomo di Netafim Italia, che aggiunge: “Le richieste per questi sistemi sono pressanti, in tutti i campi dell’agricoltura, in quella arborea come nei seminativi e nel settore ortivo. Il sistema di gocciolamento sta arrivando a interessare anche la coltivazione del riso. Tutti sanno che la disponibilità di risorse idriche diminuirà nei prossimi decenni, e stanno cercando una soluzione”.
Spiega Vania Statzu, vice presidente della fondazione MEDSEA e a capo della strategia con la quale il progetto Maristanis vuole sostenere le pratiche agricole sostenibili nei territori che ospitano le zone umide: “Il golfo di Oristano non solo in ottanta anni rischia di andare sommerso per larghi tratti. Le stagioni siccitose saranno sempre più frequenti in futuro, e le risorse idriche sempre più scarse. L’innovazione tecnologica permette di prepararsi a una gestione oculata dei processi di produzione. Preservare l’acqua dei pozzi significa non alterare la falda, fare in modo che non venga conquistata dall’acqua salata. L’aumento del grado salino finirebbe per alterare l’equilibrio delle zone umide, fondamentali per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico”.
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