“Sei pazzo, mi hanno detto quando ho deciso di acquistare questi terreni. Erano i primi anni ’70. Insieme a Piscinas, l’area costituiva il più grande deserto d’Europa. La bonifica dell’ETFAS (Ente Trasformazione Agraria e Fondiaria Sardegna ndr) eliminò le dune mobili, comunque erose dal vento, negli anni ’50, procedendo poi alla piantumazione dei pini a San Vero Milis e Narbolia. Queste erano tutte cave di prestito. I mezzi meccanici hanno dovuto lavorare un mese intero per spianare tutto”. Difficile immaginare la terra e la polvere adesso. Alle spalle del signor Franco Marcoli, adombrato dalla pergola, si distende un prato lussureggiante, circondato dal mirto e dai gelsomini notturni, acceso dai fiori nelle aiuole. Perfino il bambù è riuscito ad attecchire nel giardino dell’Agriturismo S’Anea. A sera gli adulti osserveranno dalle sdraio i bambini giocare con le energie avanzate da una giornata di mare.
“È stato un diversivo, in qualche modo. Mi moglie veniva da una famiglia che aveva sempre posseduto un vigneto. Sa, giusto il vino e la vernaccia domestici. Ha insistito. Io ragiono sempre in grande però, e nel ’73 ho acquistato altri terreni e chiesto l’autorizzazione per l’impianto dei vitigni. Avrei preferito la “nieddera”, ma soltanto la vernaccia era finanziabile. Abbiamo coperto 7 ettari partendo da una sola pianta. Dopo tre anni producevamo 250 quintali all’anno. Poi i rapporti con la cantina si sono deteriorati, la vite si è ammalata. Abbiamo estirpato tutto”.
L’idea di creare un agriturismo nasce nel 2002. Il signor Marcoli ha 65 anni e ancora molta voglia di fare. Lascia solo nel 2012 l’azienda di Riola Sardo che per trent’anni ha prodotto 20 quintali di latte al giorno. Sessanta ettari, cento capi, tremila metri quadri di capannoni. Qui, l’Agriturismo è cominciato dal capannone degli attrezzi. Nel 2005 il doppio impegno gli è costato un infarto: “Nel tempo ho continuato ad acquistare la terra intorno. Non compro terreno altrove. So che mi costa di più, ma a me piace così. Ma credo di aver finito. Sono stanco. Quasi”.
La terra è povera, dice signor Franco, sarebbe troppo impegnativo trovare un mercato per i fichi d’India, utilizzati solo per le marmellate della colazione. Ma per qualche ragione proliferano i limoni nelle cento piante che circondano l’agriturismo, in un periodo dove altrove la produzione è ferma. “I rivenditori me li pagano quasi il doppio. Non me lo sono ancora spiegato. Saranno il vento, il clima, il mare”. S’Anea si trova a pochi chilometri da Sal’e Porcus, lo stagno temporaneo regno dei fenicotteri, e dallo splendido litorale che va da S’Archittu a Is Arutas, palcoscenico cristallino del maestrale e del surf.
S’Anea è stato immediatamente apprezzato dagli ospiti. Italiani, europei, ma anche due ragazzi arrivati in macchina da Mosca, i peruviani, il pittore himalayano che ha lasciato in dono un bozzetto, la principessa giapponese che aveva due damigelle al seguito. A Molti il signor Franco racconta la sua storia, di come abbia cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia, ma solo dopo un viaggio di sei mesi negli Stati Uniti. New York, Winsconsin e California per imparare a gestire le grandi aziende. La conoscenza portata dai vasti spazi americani attecchiva sul terreno fertile di una tradizione imprenditoriale. Il padre geometra bresciano venne chiamato a lavorare in Sardegna dal conterraneo ingegner Bianchi, amico intimo di Mussolini ma socialista e per questo spedito a studiar bonifiche in Sicilia e Sardegna. “A casa nostra son passati Nenni, Emilio Lussu, Segni, il ministro dell’agricoltura americano”.
“Abbiamo mantenuto l’impostazione voluta da mia madre. Un agriturismo dove gli ospiti si sentano in famiglia”, spiega Umberto Marcoli, agronomo e amministratore di S’Anea. Strategia commerciale e comunicazione sono invece in mano alla sorella Maria Carmela. “Guidiamo i nostri clienti verso una conoscenza approfondita del territorio, verso il suo enorme patrimonio culturale e ambientale. A cominciare dall’archeologia del Sinis, la bellezza delle sue spiagge e delle sue zone umide. Ma anche l’interno con Barumini, la Giara, Laconi, Santu Lussurgiu. Abbiamo un tesoro fra le mani e dobbiamo preservarlo, per questo abbiamo deciso di prender parte al club Friends of Maristanis. Crediamo in un turismo sostenibile, attento alle istanze della natura, comunitario e sistemico. Siamo circondati da zone umide fra le più belle in Italia ed Europa. Dobbiamo proteggerle e valorizzarle”.
Che sia venuto il momento di abbandonare la tradizione divisiva lo afferma anche il patriarca Franco: “Il mare ci costa due volte, per importare ed esportare. Mio padre diceva sempre che la Sardegna dovrebbe vivere solo di agricoltura e turismo. Nel tempo della globalizzazione non è più possibile assecondare il detto ‘centu concas, centu berrittas’, cento teste, cento cappelli. Tutte le aziende del settore devono unirsi, fare sistema. In questi tempi, o ci si unisce o si muore”.
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