“Ci stiamo divertendo molto, e poi è bello pensare di fare qualcosa per le zone umide, così ricche di specie. Io abito vicino a Marceddì, e vedo spesso i fenicotteri. Poi basta salire in barca e a Capo Frasca puoi incontrare i delfini”. Davide procede assorto lungo la breve striscia di sabbia e polvere di conchiglie che separa le acque dello stagno di Santa Giusta dall’eucalipteto. Armato di guanti e sacco raccoglie lattine, vecchie cartucce, un accendino. I compagni della II N e della II F sono dispersi all’intorno, solitari o raccolti in piccoli gruppi, affaccendati e rumorosi.
Per gli studenti dell’istituto Othoca di Oristano la mattina di educazione ambientale è cominciata al centro civico comunale di Terralba. Qui Maria Pala e Vanessa Melas, biologa e ed economista ambientale della fondazione MEDSEA, hanno illustrato ai ragazzi e le ragazze le meraviglie che abitano le zone umide, e gli elementi fondamentali di un armonioso processo di smaltimento dei rifiuti. Al termine del workshop la comitiva si è spostata sul molo, dove riposano i “ciu” le tradizionali barche dei pescatori.
Nella piccola insenatura si alternano la stasi e i brevi voli di aironi e pavoncelle, gabbiani e limicoli. Poi a prender la parola è Franco Mura, consigliere comunale di Santa Giusta e pescatore da 42 anni, per raccontare la giornata fra reti e nasse, come sia cambiato lo stagno nei decenni, le difficoltà incontrate con il clima che cambia: “I nostri padri ci portavano in barca, fin da quando eravamo piccoli. I ragazzi oggi hanno altro da fare, difficilmente si legano a una attività così dura, ma anche piena di soddisfazioni, e immersa nella natura. Fra dieci anni i quaranta soci della cooperativa di Santa Giusta potrebbero non avere più eredi. Dobbiamo invogliare i giovani, quella di oggi è un’occasione perfetta”.
Il gruppo percorre poi il sentiero che dal molo conduce all’eucalipteto, inoltrandosi in stretti passaggi di macchia mediterranea, passando accanto al grande edificio che ospiterà in futuro i tesori archeologici estratti negli anni dal grembo dello stagno, sul quale nell’VIII secolo si affacciava Othoca, l’insediamento fenicio. Intorno alle panche di pietra il team MEDSEA distribuisce guanti e sacchi, le pettorine di Parley For the Oceans, il grande gruppo americano di artisti, scienziati, designer, giornalisti e architetti uniti dalla volontà di trovare modelli di sviluppo alternativo per il mare e le coste, e sponsor di molti clean-up organizzati dalla fondazione.
“Siamo stati fortunati, il sole accompagna questa splendida giornata. I ragazzi si divertono, e imparano mentre fanno qualcosa di positivo. Gli scorci qui intorno sono splendidi, non sospettavo” dice Luciano Canu, vice preside dell’istituto Othoca e attivo interlocutore di MEDSEA all’interno delle strategie di didattica ambientale previste dal progetto Maristanis. “Queste giornate sono molto importanti, soprattutto per il futuro. È incredibile scoprire quante specie vivano nelle zone umide”, afferma Christian Pinna della II N, appena dopo aver consegnato un sacco pieno di plastica. “Da fuori sembrerebbe pulito, invece non lo è affatto” commenta invece la compagna Sara Piras, quando ormai i sacchi intorno ai contenitori della differenziata sono una dozzina. È sempre vero, lo sguardo quotidiano sulle cose non è capace di cogliere quale sia l’aggressione che costantemente grava sulla natura. Dopo poco più di un’ora la caccia dei ragazzi dell’Othoca porterà nei sacchi 10 chili di vetro, 40 chili di plastica e 50 chili di rifiuti indifferenziati.
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