Passato, tradizione, innovazione. “Le nostre vite sono intrecciate come i vimini di un canestro”, scriveva Joyce Lussu, che nella casa di famiglia teneva i cestini e la borsa di paglia, la sedia a dondolo in vimini e tutti gli arredi che riportavano anche lei, donna in lotta contro il potere costituito e autoritario, nell'alveo della tradizione, che fu per nascita soprattutto del marito. Ma sempre Joyce Lussu, intervistata nel 1994 da Marco Bellocchio, metteva in guardia contro la “noia mortale di fare sempre la stessa passeggiata nel passato”. In realtà, si riferiva al rischio di adagiarsi sugli allori della Resistenza, ma il cenno può valere per tante cose perché il passato si celebra solo valorizzando e innovando ciò che di buono ha portato. Il proposito di non dimenticare l'arte dell'intreccio, tramandata nei secoli dalle donne di Sardegna, non è progetto peregrino. Molti centri sono infatti accomunati da questa tradizione antica: le donne hanno saputo insegnare i segreti dell’intreccio alle loro figlie e nipoti, realizzando materiali differenti, mescolando inserti colorati, disegni straordinari e motivi tradizionali. Ma perché sopravviva , e anzi prosperi trasformandosi in una piccola fonte di reddito sostenibile, l'arte dell'intreccio deve aprirsi all'innovazione e agli stimoli di una società che si è trasformata.
"Women Weaving for Wetlands" a San Vero Milis. A San Vero la sfida portata dalla modernità è stata raccolta. I paletti perché l'iniziativa incarni davvero le tradizioni del Paese sono stati fissati: la lavorazione è affidata – come in passato – alle mani esperte delle artigiane; i materiali sono quelli di sempre – giunco, paglia di grano, sessini, pagliola – raccolti nelle zone umide che circondano San Vero Milis. Il rispetto dell'ambiente è dunque la chiave di volta del progetto, promosso dalla Fondazione MEDSEA, in uno dei centri in Sardegna più famosi per i manufatti intrecciati. Grazie alla prestigiosa collaborazione con la Fondazione Luma, che sostiene iniziative e progetti artistici che rispondano a criteri di sostenibilità e tutela ambientale, MEDSEA ha avviato “Women weaving for Wetlands”: un'azione finalizzata a formare in cinque anni le persone interessate all'arte dell'intreccio e a promuovere la costituzione di una cooperativa, già battezzata “Is Fainas”, per favorire l'accesso ai mercati. Non basta. È necessario infatti puntare sul design innovativo per non perdere la partita in partenza. E, per questo motivo, scende in campo la Fondazione Luma.
La Fondazione Luma con le artigiane. Il cameraman, Vistor Picon, segue con attenzione le mani delle donne che lavorano il giunco. Henriette Waal, direttrice dell'Atelier Luma che ha base ad Arles, e la designer Ines Bressand si fanno spiegare, con l'aiuto di un traduttore, materiali e modalità di lavorazione. A guidarli nelle visite alle artigiane – nelle loro case e in alcune sale messe a disposizione dal Comune - ci sono il team di MEDSEA e gli amministratori locali di San Vero. L'iniziativa, che MEDSEA sta sviluppando insieme a Luma, si inserisce nel contesto più ampio del progetto Maristanis per la tutela e lo sviluppo sostenibile delle zone umide, declinata nelle sue possibili espressioni artistiche. Il lavoro di squadra porterà alla creazione di un prototipo da esporre alla Triennale a Milano: sarà il primo “esperimento” di collaborazione tra le artigiane sanveresi e un designer internazionale.
I protagonisti. Elisabetta e Giovanna lavorano a fuscelle, cesti, corbule. Annarita è invece esperta nel rivestimento delle bottiglie mentre Gianni si occupa di intreccio più tradizionalmente maschile. Utilizzano le erbe palustri sull'ordito avvolto a spirale (costituito da sessini per i cestini e dal più resistente giunco per corbule e canestri). Nei cestini, di forma diversa a seconda dell'uso cui sono destinati, vengono realizzati disegni con l'intreccio di pagliola colorata prevalentemente in rosso, nero, blu o verde. Tipico di San Vero Milis, infine, è l'uso dell'intreccio per rivestire oggetti quali bottiglie, bicchieri e altri recipienti. Adesso, con le indicazioni dei designer di Luma, si lavora a nuovi progetti e al prototipo per la Triennale perché una delle forme d'arte più antiche non si perda per sempre.
Henriette Waal, Atelier Luma: “Sono Henriette Waal e sono una ricercatrice artistica e la direttrice artistica dell'Atelier Luma e siamo qui a San Vwero in Sardegna per un progetto che mette insieme design e tutela delle wetlands e anche l'arte dell'intreccio, che è un'importante attività nell'ambito della salvaguardia delle zone umide”.
Ines Bressand, designer: “Dobbiamo capire bene i materiali, le tecniche della tradizione, la lingua anche, per pensare – partendo da questo – di creare qualcosa di nuovo e contemporaneo”
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