Nikole osserva in sella alla tavola il limbo grigio dove nascono le onde, schiacciato nella prospettiva sull’orizzonte. Il maestrale spazza le coste occidentali della Sardegna, il cielo è un capriccio di azzurro e nuvole torbide, basse. La serie si scioglie in un grumo compatto di creste che avanzano indistinte e si manifestano in parete sul picco. Nikole lascia passare la prima, troppo irruenta, ripida, ma gira la tavola e vi si distende. Aggiusta la posizione con qualche bracciata, voltando costantemente il capo per cercare quell’intuizione d’armonia che precede l’innesco del take-off. Deve salire su un treno in corsa. Lascia scorrere anche la seconda. Poi la bracciata si fa più decisa, la terza è quella buona, un’occhiata ancora e la netta, inequivocabile sensazione che la tavola abbia agganciato la potenza dell’onda. Un colpo di reni e si ritrova all’impiedi, pronta ad attutire sulle ginocchia lo scalino da scendere di volo per far sì che le pinne addentino la parete. Sfreccia via lanciata da una magnifica destra, accucciandosi, compattandosi per trattenere l’equilibrio. Quando la spinta finisce salta giù dalla tavola, riemerge dalla schiuma che l’onda ha generato con l’attrito sulla piana di rocce, si distende e prende a remare per riportarsi sulla line-up, contro corrente, con la disinvoltura della lontra.
Nikole è l’unica ad essersi avventurata nello spot chiamato “Punta”, uno fra i quattro formidabili picchi di ciò che viene solitamente riassunto in “Capo Mannu”, la Mecca del surf sardo, italiano e Mediterraneo. Un dono fatto dalla natura ai surfisti da onda: quando gran parte della costa occidentale è travolta dal mare attivato con il vento di nord-ovest, e subisce una procella maestosa ma ingovernabile per misura e periodo, il brano di terra che sembra quasi strappato alla protuberanza settentrionale del golfo di Oristano garantisce una miracolosa protezione. Il moto ondoso batte sulla cresta settentrionale del promontorio, avvolge e scorre sul profilo frastagliato meridionale, riducendosi e plasmandosi, secondo l’intensità del maestrale, in onde di diversa fattura.
Capo Mannu, Mini Capo, Punta e Banzai, quattro spot in poco più di un chilometro, quasi interamente percorribile a piedi. Altezza e periodo vanno riducendosi progressivamente. Se a Bugerru, nel Sulcis, quattro metri inservibili si abbattono sul molo del porticciolo, a Capo Mannu i metri sono due, al Mini Capo uno e mezzo, a Punta un metro, a Banzai mezzo metro che arriva ogni venti secondi e sul quale parte il fuoco di fila dei longboarders, schierati placidamente a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Mandriola.
Oggi Capo Mannu è deserto, e un solo longboarder solitario attende rarissimo il sussulto a Banzai. Soltanto Punta, solitamente territorio delle tavole lunghe più esperte, sembra offrire condizioni di surfabilità, sebbene imponga la tavola corta. Le onde sono ripide e veloci, irregolari. La pioggia che cade intermittente incontra a mezzaria la sferzata ascendente degli spruzzi che il vento strappa alle creste delle onde. Di solito gli spot sono affollati.
Molti aspettano a casa che la catena di audio e immagini cominci a fluire sui telefoni. I più esperti calcolano con il sapere dell’esperienza e del sentimento, ormai accordati con le viscere sul meteo. Altri si avventurano, sperano nella contingenza o nel rapido mutamento. Camminano lungo il sentiero del promontorio, osservano, valutano, esitano. C’è sempre un’avanguardia che surfando la prima onda dimostra il raggiunto grado di praticabilità, smuove gli indecisi che corrono a infilare muta, cappuccio e calzari, grattano la paraffina sulle tavole nella strada che serpeggia fra la scarna fila di case e la macchia mediterranea: una festa di camper, furgoncini e automobili nei weekend estivi di onde morbide e luce fino alle nove di sera.
La competizione in acqua spesso calpesta le regole di precedenza e rientro, è uno stato di natura che tutti rimuovono, egemoni e subalterni. Ma oltre le gerarchie esistono il tramonto, e il crepuscolo, una pacifica (o tempestosa) comunione con la natura.
Oggi l’avanguardia è stata Nikole. La raggiungiamo sulla line up dopo una faticosa risalita. “Sono venuta qui per la prima volta questa estate, e mi sono innamorata del luogo e delle onde. Un mese fa l’azienda per cui lavoro mi ha concesso di lavorare in smart-working, così ho preso un aereo e mi sono trasferita”, spiega, con un occhio sempre all’orizzonte, mentre sbracciamo costantemente per opporci alla corrente e restare sulla line-up. “In Austria sono anche istruttrice di snowboard, sport che adoro. Ma nulla è paragonabile all’intensità che ti regala questo posto, la qualità delle onde, la bellezza della natura”.
Arriva Marco, che sino a qualche minuto prima osservava dalla scogliera l’evolversi delle condizioni. Viene da Oristano, conosce bene il dinamismo mutevole delle onde. Coglie immediatamente una posizione favorevole per il decollo, aggancia in mezzo alla parete che muore un sussulto ulteriore dell’acqua, ci sale sopra avvolgendolo con una virata e continua a scivolare. Mezzora e dalla corrente della risalita emergono Francesca e Sonia, scalze, con i capelli gelidi incollati da acqua e vento sul capo. Francesca è di Santa Giusta, mentre Sonia è venuta da Cuneo con il compagno. Lui insegna surf in un campeggio vicino, lei yoga. Anche loro chiamati dalla musica del mare, emigrati del surf.
“È ormai da molto tempo che Capo Mannu è uno spot conosciuto a livello internazionale, per questo da cinque anni ormai la nostra amministrazione ha promosso l’organizzazione di importanti manifestazioni sportive”, spiegherà poi al telefono Daniela Zaru, assessore alle attività produttive, Turismo e Sport di San Vero Milis. “Abbiamo ospitato i campionati italiani assoluti di surf per quattro edizioni, e supportato la crescita della Sagra del Surf che nel 2019, prima della pandemia, è giunta alla sua terza edizione. Ormai un evento di rilevanza nazionale. Abbiamo la più vecchia scuola surf italiana, l’Is Benas Surf Club. Appena due settimane fa abbiamo ospitato i campionati nazionali di kite surf. Il litorale sanverese si presta anche al windsurf e alla vela, al triathlon e alla mountain bike. Facciamo di tutto per promuovere iniziative che rappresentino il nostro stile di vita, basato sulle antiche tradizioni, la salute, la tutela dell’ambiente. Insieme alle diverse associazioni riusciamo a proteggere il mare e la costa. Siamo un comune plastic-free e con la progettazione territoriale abbiamo investito molti fondi per sviluppare le passeggiate, le postazioni calistheniche, i percorsi ciclabili, sempre pensando alla sostenibilità, all’armonia con l’ambiente”.
Dalle alpi austriache Nikole ha forse portato un desiderio di solitudine. Siamo sette ormai sulla line-up di Punta. Voleva allenarsi nelle condizioni inclementi, dice, per viaggiare meglio poi con le onde più dolci. Prende un passaggio dall’onda schiumosa di riflusso. La scorgiamo in lontananza zampettare sul pianoro di rocce come sui carboni ardenti. Le condizioni lentamente migliorano, ma è tempo di andare, anche per noi. “Capo Mannu è un dono che la natura ha fatto alla Sardegna. Diversi fattori si sono aggiunti per darci queste onde, onde che sono di una qualità che poco ha da invidiare a molti spot oceanici”, afferma Marcello, marchigiano, intervistato durante le fasi di vestizione nello sterrato retrostante, dove cominciano ad arrivare le automobili. Per inseguire il surf, che pratica in tutte le sue declinazioni, ha vissuto nel nord della Spagna, dove fra un’onda e l’altra prendeva la prima specializzazione in medicina. Ora, a Cagliari, affronta la seconda in anestesia. Non ha avuto dubbi sulla meta da scegliere, dopo il concorso: “Non solo Capo Mannu. A poca distanza da qui c’è lo spot di Sa Mesa longa, dove nei giorni di scaduta ho surfato le onde migliori della mia vita. Acqua cristallina, le piscine naturali fra le rocce, la Torre che incombe, in alto. Un territorio autentico, che resta selvaggio anche durante la stagione turistica”.
“Questo posto è magico” aggiunge il nuovo arrivato Alessandro, con un largo sorriso estatico, impaziente di affacciarsi per scoprire lo stato delle onde. Studia filosofia a Cagliari ma viene da Simaxis, un piccolo paese dell’interno Oristanese. “Senti…siamo avvolti dal profumo del rosmarino e del lentischio. Le lepri corrono nel folto della macchia mediterranea, l’aria è pura. Davanti a noi c’è l’Isola di Mal di Ventre, che insieme alla penisola del Sinis costituisce l’Area Marina Protetta. Il sole tramonta sul mare e le uniche parole che puoi pronunciare sono libertà e infinito. D’estate io vengo con il camper e mi arrampico sulla scogliera. La notte è solo la vastità del cielo stellato e il mare che s’infrange sugli scogli, il riverbero della luna. Un luogo umano, troppo umano”.
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