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"Non possiamo più aspettare, dobbiamo adattarci ai cambiamenti climatici". Lo stagno di S'Ena Arrubia travolto dall'alluvione

Impossibile passare. Le transenne impediscono l’immissione nell’ultimo tratto della strada statale 49, quello che conduce alla peschiera e all’idrovora Sassu. Il disastro dello stagno di S’Ena Arrubia lo avevano annunciato lungo la strada alcuni campi della piana di Arborea. Sulle coltivazioni annegate si sono posati centinaia di uccelli, come in attesa che l’acqua lutulenta abbandoni lo stagno. Puntiamo sul campeggio, da qui dovrebbe essere possibile raggiungere la peschiera percorrendo uno dei tratturi che corrono paralleli intorno alle sponde. Irene Nuvoli, manager del campeggio, sta osservando la distesa torbida in cerca di qualche ulteriore segnale di rassicurazione. Forse il cielo, una cappa grigia e bassa con qualche strappo d’azzurro. Le strutture sono a poco più di dieci metri dal nuovo limite dello stagno, già occupato da un gruppo di pacifici fenicotteri. Il campeggio è salvo per il momento.

Irene ci indica una possibile strada per aggirare il blocco e arrivare all’idrovora passando da Santa Giusta. Decidiamo di optare per il percorso più immediato, lo sterrato che aggirando lo stagno si spegne sui frangiflutti a protezione della peschiera, in parte abbattuti da una maestralata di qualche anno fa. Scelta sbagliata. I pochi chilometri che separano campeggio e peschiera sono una successione interminabile di pozze fangose. Il muso dell’automobile si infila in ognuna di esse senza nessuna certezza di poterne uscire. L’acqua sommerge parte delle ruote e si solleva sullo sportello. Passiamo, la componente petrosa del sentiero ci viene in soccorso.

Sul pontile di legno che conduce alla peschiera incontriamo “Lioni”, uno dei cani della Cooperativa Pescatori S. Andrea. Lioni annusa l’intruso, si volta e raggiunge i suoi compagni per un’altra rincorsa sullo sterrato. Sono agitati. I pescatori, un elenco di volti sconsolati, si raccolgono intorno alla tavola di legno che permette di arrivare fino alle paratoie dove sgorga impetuosa l’acqua limacciosa. Il flusso scorre marezzato di bianco fino alle chiuse, si ammassa in un cumulo di schiuma.

“Ha piovuto per tre giorni consecutivi. Per il momento il computo dei danni è limitato a ciò che si può vedere a occhio nudo: una barca è stata distrutta perché pressata dall’acqua contro le paratie della peschiera. Un’altra è affondata dove sono ormeggiate quelle che usiamo in mare. Poi c’è tutta l’attrezzatura che avevamo collocato nello stagno, il sommerso”, spiega Alberto Porcu, presidente della cooperativa. Reti, bertivelli: tutto ingoiato e travolto dall’acqua. Migliaia di euro di danni.

“Ieri abbiamo chiesto l’intervento dei vigili del fuoco perché ci aiutassero a sollevare le griglie e permettere così all’acqua di defluire a mare. Ma la pressione era tale che non sono riusciti a intervenire. Abbiamo dovuto far da noi. Un socio, seguito dal consiglio di amministrazione, ha proposto di utilizzare un paranco a mano e un elemento di ponteggio, capaci di sollevare pesi fino a una tonnellata. Lo abbiamo fatto stanotte, rischiando. È andata bene per fortuna. È il nostro posto di lavoro. Dobbiamo proteggerlo”, continua Porcu.

La situazione va migliorando di ora in ora. Non è la prima volta che lo stagno di S’Ena Arrubia viene investito da un’alluvione. Ma perfino nell’annus horribilis del 2013 il l’innalzamento del livello dell’acqua dovuto alla pioggia fu di 20/25 centimetri. Prima che le griglie venissero aperte, poche ore fa, era di 60. “Abbiamo trovato un numero molto importante di pesci morti. Ora dobbiamo quantificare i danni, ma il sospetto è che quest’acqua abbia ucciso ogni cosa. Ormai è chiaro, non possiamo più aspettare. Dobbiamo trovare il modo di adattarci al clima”.

La natura matrigna sembra aver preso di mira stagno e cooperativa. Nell’estate del 2018 una anossia ha devastato tutta la fauna ittica. Poi sono arrivati i granchi blu, specie aliena atlantica che nelle dolci acque di S’Ena Arrubia ha trovato le condizioni ideali per proliferare e invadere lo spazio di pesca fra i lavorieri. La cooperativa ha reagito con grande resilienza, avviando la commercializzazione di alcuni prodotti e la vendita dei granchi, investendo in un truck-food mobile (primo passo di un ittiturismo più articolato) e proponendosi come avanguardia nella sperimentale coltura delle ostriche, portata avanti grazie alla collaborazione con l’International Marine Center di Torregrande. Per fortuna la sistemazione delle strutture necessarie alla coltura è stata posticipata. Sarebbero state spazzate via dalla furia dell’alluvione.

“Ci ha colti di sorpresa, nonostante in peschiera ci sia sempre qualcuno di guardia. Ha piovuto per tre giorni di fila, il terzo è stato fatale. La conta dei danni sarà lunga, ma di certo la stagione per noi è finita. L’enorme mucchio di pesci morti che abbiamo trovato ben rappresenta credo quello che troveremo quando potremo rimettere piede nello stagno. Così è andata nel 2013, raccontano i veterani. Non credo andrà diversamente questa volta”, afferma scorato Amerigo Porcu, fratello di Alberto e Alessandro (direttore tecnico della cooperativa), aggiuntosi ai pescatori di S’Ena Arrubia nella tarda primavera. Con lui procediamo nello sterrato che unisce la peschiera al tratto della statale 49, un nastro d’asfalto fra lo stagno e l’idrovora Sassu. Anche qui, davanti alla grande costruzione razionalista, il transito delle automobili è impedito. Con i binocoli di Amerigo scorgiamo la strada scoperchiata dal nubifragio. Gli automobilisti arrivano, chiedono ai vigili urbani e le guardie forestali che presidiano lo sbarramento, tornano indietro indispettititi.

Del gruppuscolo di figure intabarrate che monitorano la vasta massa d’acqua fangosa, la strada e il filtro dell’idrovora fa parte anche Manuela Pintus, sindaco di Arborea. Nel telefono tenuto ossessivamente in mano passano tutte le comunicazioni legate all’emergenza. “La situazione è migliorata molto rispetto a ieri. La strada è stata lavorata ai fianchi. Un argine ha ceduto e non sappiamo quali saranno i tempi di ripristino. Purtroppo alle piogge abbondanti si sono aggiunti il forte maestrale, il libeccio e l’alta marea, fattori che hanno impedito il deflusso a mare. Ieri abbiamo dichiarato lo stato di calamità naturale per danni al patrimonio pubblico e al patrimonio privato, che fa riferimento alla legge regionale n° 28. Oltre ai pescatori sono state colpite alcune aziende agricole. Diversi campi di carote, patate ed erbai sono stati sommersi” spiega il sindaco, che si avvia a verificare le condizioni di funzionamento dell’idrovora.

Viene trattenuta da Pietro, appena sbucato dall’automobile. Indossa jeans, una camicia di flanella e un berretto di lana. Chiede che lo sbarramento delle transenne venga spostato poche decine di metri più in là, in modo che possa imbucarsi nel tratturo e raggiungere il campo di lavoro. “Ah, ecco chi è il signor…”, esclama Pintus, raccontando al signor Pietro il tentativo, la sera precedente, di trovarlo e metterlo al sicuro, come le altre persone evacuate dell’area. “Sono stato tutta la notte con gli animali, e stia tranquilla, se tornaste a cercarmi non mi trovereste. Quindi possiamo aprire il passaggio? Mi bastano pochi metri”.

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