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Lo stagno di Pauli Maiori, un tesoro custodito dal canneto

Il canneto è d’oro nella prima luce del mattino. Intorno resiste ancora, effimero, il grigio metallico dell’alba. Una pozza d’acqua circonda l’esile tronco di un giovane albero, là dove la piccola massicciata si solleva per diventare il sentiero, separato nei solchi del camminamento da una lunga striscia d’erba. Uno stormo di pavoncelle passa fluttuando nelle sue morbide esitazioni. “Ha dovuto affrontare molti incendi. Per fortuna il fuoco non intacca i rizomi, e il canneto riesce a risorgere in poco tempo”, racconta Walter Piras, la guida ambientale di Alea che ci accompagna nella visita al tesoro nascosto di Pauli Maiori. Palmas Arborea è appena diventata campagna, in lontananza nascono e muoiono i passaggi ovattati delle automobili. Il sentiero è fresco nella rugiada e lo scirocco che ha spazzato la terra limacciosa per giorni è decaduto a brezza.

Bassa nel cielo vola bruna la forma di un falco di palude%3ronco di un giovane albero, l%a un vasto e accogliente dormitorio per molte specie. Un areale di caccia perfetto per il falco. Nell’ultimo censimento sono stati individuati decine di esemplari. Vengono dal centro e dal nord Europa. Alcune coppie sono stanziali. Ecco due cormorani, e un porciglione, là, sulla sinistra. È un rallide, parente della folaga e della gallinella d’acqua. Piuttosto elusivo”, spiega Piras, lasciando cadere i binocoli sul petto e mostrando sulla guida figura rotonda e azzurra dal lungo becco rosso. A destra affiora lo specchio di un piccolo chiaro. Pauli Maiori, oltre ad essere un sito Ramsar, è anche una Zona di Protezione Speciale (ZPS) e un Sito di Interesse Comunitario (SIC). Nessun rischio di incontrare carabine per il porciglione e il pollo sultano, che qui ha trovato condizioni ideali per vivere e moltiplicarsi. Lo stagno è uno degli areali più importanti d’Europa per il simpatico rallide dalle lunghe zampe, lo scudo rosso sul capo e le molte sfumature di blu.

Il piccolo ponte di legno ad arco che scavalca il rio Merdegani è una buona notizia. Incendi e alluvioni hanno messo a dura prova le strutture create per la fruibilità dello stagno con il piano di gestione SIC del 2006/2008. Le canne corrono lungo la sponda, moltiplicate sull’acqua insieme alle nuvole, una piccola barca di legno e le fronde di un eucalipto solitario, avanguardia di un bosco lungo il quale s’inoltra ciò che avanza della passerella. Intorno cresce selvaggia la macchia in un’impressione di verdi, bronzi e gialli. Passa un airone cinerino con il suo volo disteso e gozzuto. All’alba ha abbandonato lo stagno per visitare il territorio circostante, occupare i bordi di campi e canali alla ricerca di piccoli pesci e anfibi.

Il percorso è avventuroso. La passerella s’interrompe, è divelta su un lato, unita nel vuoto da un listello. Passano ancora le cornacchie, e ancora le pavoncelle. Arriva distinto il verso del germano reale. “Pauli Maiori è un contesto quasi inalterato. Gli uccelli sono abituati alla presenza delle barche, i ‘ciu’ dei pescatori di S. Giusta, ma non a macchine e individui. Prima di incendi e alluvioni la passerella terminava con una torre dalla quale era possibile godere dello spettacolo. Ma oltre a questa, il modo più appropriato per godere delle meraviglie di questo stagno è proprio a pelo d’acqua”, dice Piras.

La fitta vegetazione termina sull’orlo di un campo arato, confine fra il territorio di Palmas e quello di Santa Giusta. Poi, appena oltre lo schermo delle canne, si spalanca lo stagno, placido e luminoso nel sole ormai alto. Piras passa in rassegna gli ospiti poggiati sullo specchio azzurro: le alzavole, le morette, i moriglioni, lo svasso maggiore, i cormorani impegnati nella pesca sociale, ordinati ed efficienti nell’alternarsi in testa come una squadra di ciclisti in corsa. E ancora i gabbiani, e le folaghe. Dal centro del fitto canneto ogni tanto un fruscio si trasforma in un volo: alcuni colombacci, un falco di palude femmina.

“Il paese non ha mai intrattenuto un rapporto particolarmente intenso con Pauli Maiori. In passato è stato utilizzato come spazio per il pascolo o la raccolta di legna, giunco e zigolo, o ‘zinnigas’ come le chiamiamo da queste parti. Un camion passava due volte a settimana per acquistare la materia che sarebbe servita all’artigianato dell’intreccio, molto diffuso nell’oristanese”, racconta Andrea Pisu Massa, sindaco di Palmas Arborea. “Qualche anno fa abbiamo sperimentato un breve circuito escursionistico. Un piccolo molo accoglieva le barche provenienti da Santa Giusta, e con le biciclette era possibile poi visitare tutta l’area, aperta anche ai camminatori con la passerella e la torretta per il birdwatching. Poi l’alluvione del 2013 e gli incendi hanno reso le strutture inagibili. Sarebbe importante riattivare il circuito, estendendo i percorsi anche all’equitazione, molto viva da queste parti. Certo, avremmo bisogno di guide specializzate. Il comune sarebbe felice di partecipare alla formazione dei nuovi accompagnatori”.

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