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Fra minacce e opportunità: a Cabras un convegno sulla ricchezza naturale delle coste sarde

Esperti, appassionati ambientalisti e curiosi cittadini: oltre cinquanta persone hanno partecipato venerdì 7 febbraio al convegno “La biodiversità mediterranea nel mare sardo: minacce, tutela, opportunità”, organizzato dalla fondazione MEDSEA all’interno del progetto Maristanis. L’incontro, tenutosi presso il centro multifunzionale di via Tharros a Cabras, è uno dei tanti momenti legati alla Giornata mondiale delle zone umide, celebrata in Sardegna fra le “terre d’acqua” dell’oristanese.

“Siamo fortunati, viviamo in un territorio che ospita un patrimonio immenso di biodiversità, con pochi eguali nel Mediterraneo” ha affermato Massimo Marras, direttore dell’Area Marina Protetta Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre che ha aperto e moderato gli interventi. A introdurli anche i saluti istituzionali del vicesindaco di Cabras Alessandra Pinna, felice di una campagna di comunicazione “che affronti temi e problemi non più dilazionabili. I cittadini stessi devono diventare custodi dell’enorme ricchezza che ci circonda”.

Il dott. Daniele Grech, dell’International Marine Center di Torregrande, ha guidato la platea attraverso le foreste marine, specie non “carismatiche” come il corallo o i pesci, ma altrettanto importanti nella preservazione degli equilibri ecosistemici: “Le macroalghe brune, che abbiamo mappato in superficie con i droni e in profondità con le sonde, sono fondamentali nell’indicarci le condizioni del nostro mare e nel mantenere costante la temperatura. Purtroppo sono sparite in molte aree del Mediterraneo, soprattutto in prossimità dei grandi centri urbani costieri. La Sardegna da questo punto di vista è un’eccezione. Nelle nostre ricerche abbiamo perfino individuato una specie precedentemente non registrata, la cystoseira usneoides. Gli studi devono assolutamente andare avanti”.

Stefania Coppa, ricercatrice del CNR, ha invece analizzato la drammatica situazione della Pinna Nobilis e della Patella Ferruginea, entrambe prossime all’estinzione nel Mediterraneo: “Nelle sotto-aree da noi monitorate resiste appena l’1% degli esemplari di Pinna Nobilis una volta presenti. La “nacchera di mare” non soltanto è importantissima, con la sua funzione di filtratore naturale, per la trasparenza dei nostri mari, ma anche per la biodiversità che li abita. Nelle grandi conchiglie trovano ospitalità molti organismi. Anche la patella ferruginea svolge un ruolo simile. È il giardiniere del mare, il suo pascolo preserva la varietà delle specie algali”.

Alghe che possono rappresentare, in laguna, anche una grande opportunità economica. Come ha spiegato Aldo Addis, ricercatore dell’Università di Cagliari: “Altrove le microalghe vengono coltivate a causa delle loro proprietà nutraceutiche. Un prodotto altamente remunerativo”. Addis ha descritto l’impatto che i cambiamenti climatici hanno avuto sulle zone umide, “reni” imprescindibili fra le acque marine e quelle continentali. Stagni e paludi hanno assistito negli ultimi anni a diverse morie di pesci e bivalvi, incontrano con frequenza crescente specie aliene pericolose per gli equilibri ecosistemici. “Le zone umide sono importanti nel mitigare le conseguenze del cambiamento climatico, basti pensare a come possono assorbire l’impatto di inondazioni improvvise. Dobbiamo aumentare la conoscenza scientifica delle zone umide nelle loro specificità territoriali, così come non può mancare una programmazione degli interventi: è necessario gestire quantità e qualità delle risorse idriche, trovare soluzioni di adattamento a specie ormai endemiche come il giacinto e il cormorano”.

“La Sardegna, e le zone umide dell’oristanese, ospitano una concentrazione molto rara di specie, per varietà e per numero” ha spiegato nell’intervento conclusivo Lara Bassu di Alea-Anthus. “Non solo le grandi colonie di cormorani e fenicotteri, ma i moriglioni e le folaghe, il gabbiano corso, il pollo sultano che a Pauli Maiori e Mar’e Pauli trova nei canneti impenetrabili il suo habitat perfetto, o il fratino, “un piccolo limicolo che nidifica sulle nostre spiagge in primavera e d’estate, anche se negli ultimi 20 anni la sua presenza è messa a serio rischio dalla presenza insostenibile del turismo di massa”.

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