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"Aspettando di vini e altre storie": Nurachi si riscopre crocevia di culture

Nella penombra dell’antica cantina Caddeo di Nurachi una piccola carboneria squadra la vernaccia da ogni lato: il ruolo fondamentale delle botti di castagno, il peculiare processo di fermentazione e gli ettari dedicati al vitigno che negli anni ’80 erano cinque nel paese. Ora ne resta soltanto uno. E di come le famiglie conservino il vino diventato d’ambra nei decenni per i matrimoni e i battesimi, o degli esperti britannici venuti entusiasti a sperimentarlo. Avrebbe un gran successo nei mercati di Cina e Giappone, grazie alle similitudini organolettiche. Ma noi non capiamo mai le potenzialità dei nostri prodotti. Ci si interroga dubbiosi sul termine “murruai” finché non arriva Tonino Carta, proprietario di un’altra cantina, a spiegarlo: murru da queste parti significa bianco. La desinenza “ai” porta il senso del vecchio. Il colore bianco è da ricondurre alla mandorla. Murruai è l’aroma antico di mandorla che avvolge il palato. Più la vernaccia è vecchia e pregevole più il murruai persiste nel tempo.

Fra i mattoni crudi e l’impiantito irregolare di terra cominciano ad affluire gli ospiti di “Aspettando di vini e altre storie”, il primo di una serie di eventi dedicati alle produzioni enogastronomiche del piccolo centro dell’oristanese. “Da diversi anni il comune e la Pro Loco di Nurachi mi invitano ad organizzare questo evento, che cade nel periodo in cui anticamente si festeggiava la mietitura, la fine di una stagione e l’inizio della successiva. Nei secoli Nurachi è stato un crocevia di prodotti fra la costa e l’interno. Per questo alla manifestazione prendono parte anche produttori provenienti da altre zone, uniti non soltanto dalla tradizione ma dal desiderio di offrire prodotti sani”, racconta Stefano Soi, architetto ‘con sempre meno entusiasmo’ e proprietario dell’azienda vitivinicola “Agricola Soi”, capace di conquistare i mercati di Danimarca, Canada, Germania e Inghilterra. Un ritorno alla terra e all’agricoltura sana ed ecosostenibile che nei prossimi due appuntamenti ospiterà fra i tanti le marmellate salalizie di Mammai e Dario Torabi, chef punk-rock specializzato nella rielaborazione di prodotti poveri. Tutti a raccontare la propria storia circondati dalle splendide tele astratte di Marco Pili, celebre pittore nurachese che si è fatto conoscere nel mondo impastando i colori con la terra del Sinis, frammenti di pane carasau e vecchie tele e tappeti.

I blues lenti di Hola la Poyana accompagnano il convivio nella Cantina Caddeo, luogo di ritrovo e occasionale teatro per le trascinanti ballate di un gruppo di turisti irlandesi, o le “canzonis longasa” interpretate da un bambino, voce che perpetua gli aneddoti della vita paesana, registrata con malizia in musica e rima. Nurachi, aveva spiegato prima Tonino Carta sotto le pareti costellate di vecchi arnesi agricoli, non è più “abarrau”, immobile, immutabile. È ancora il crocevia di un tempo: “Dopo aver studiato economia fuori e viaggiato sono tornato al lievito madre di mia nonna, la matrice da rinfrescare, rinnovare quotidianamente. Anche noi dobbiamo rinnovarci ogni giorno se vogliamo portare avanti una storia centenaria” racconta Riccardo Porta, giovane imprenditore che agli antichi dolci e alla pasta dell’azienda familiare ha aggiunto dopo molto studio le pizze in teglia, soffici sfoglie da declinare in omaggio ai luoghi. Al golfo è dedicata la focaccia con ricotta e bottarga, accompagnata dalla vernaccia “Terre Sinis” della Cantina del Rimedio di Oristano.

“Queste sono manifestazioni fondamentali per rinsaldare la nostra identità e al contempo proporre un’idea diversa di futuro” spiega il sindaco Renzo Ponti, che parla e ascolta la sua gente dentro la cantina o nello stretto acciottolato di via Nuraghe, basse case dalle quali emerge il campanile della seicentesca chiesa di San Giovanni Battista, immersa nel terso crepuscolo estivo. A pochi chilometri lo stagno di Cabras e il sito Ramsar di Mare ‘e Pauli, su fenu per la costruzione de is fassonis e le canne per la musica de is launeddas.

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