Appena sotto il rumore delle macchine i gusci delle cozze battono e sfregano fra loro, come in una risacca perenne. Gli operai, protetti nelle lunghe ore di frastuono da tappi che sembrano stetoscopi, sono chini sul loro segmento di produzione. I primi versano le cozze nel macchinario di spazzolatura. Altri, con mani rapide sul nastro, individuano e lasciano cadere i pezzi non conformi in una cesta. Il nastro si arrampica fino a un imbuto che accoglie le cozze e le divide in piccole masse, poi chiuse in retine di colore diverso secondo il peso. L’indomani verranno impiegate per la priva volta retine biodegradabili, frutto di un lungo e difficile anno di ricerca e investimenti. I sacchetti compongono poi i bancali, cubi voluminosi inframmezzati da grumi di ghiaccio e chiusi con manovra vigorosa in molte volute di cellophane.
I visitatori sono accorsi fino a riempire tutti i turni programmati per il Coast Day, la due giorni di appuntamenti organizzata dalla Fondazione MEDSEA nei luoghi del Progetto Maristanis. Gli ospiti, coperti da camici e calzari, ascoltano mentre tutto intorno si muove e scorre Carla Cubadda, responsabile della sicurezza alimentare e guida nel percorso.
Il prodotto arriva dall’allevamento, sessanta ettari che si affacciano sull’Area Marina Protetta e Tharros, o, nel caso di vongole e ostriche, da fornitori nazionali e internazionali. I mezzi a temperatura controllata trasportano i mitili nello stabilimento, dove alcuni specialisti procedono a controllare la qualità del prodotto: vitalità, caratteristiche organolettiche, colore, quantità di polpa, liquido intervalvale. Cozze e vongole vengono trasferite nei “bin”, grandi ceste impilate sotto le docce per la depurazione. L’acqua, giunta dalla presa mare, viene portata in una vasca di accumulo e condotta nel circolo della depurazione. Un circuito chiuso, con pochissimo spreco e nessun utilizzo di sostanze chimiche.
I gusci vuoti vengono smaltiti secondo normativa, mentre gli animali ancora vitali ma con il guscio filato vengono destinati alle ceste che serviranno per l’impianto di acquacoltura, un cono d’acqua ricavato dall’appendice dello stagno Corru Mannu situato a pochi passi dallo stabilimento. Qui i visitatori si divertono a gettare manciate di cozze alle orate, ombre nell’acqua che si avventano sul pasto. Una tonnellata al giorno, alimento unico capace di garantire costantemente la qualità delle carni. Una rete protegge dai cormorani l’allevamento, distinto in due grandi ambienti che ospitano il novellame e gli esemplari più anziani e corposi. Il numero è controllato per evitare condizioni di stress ai pesci. Il “ciclo dell’orata” è stato proposto dal biologo dell’azienda Carlo Cottiglia, che spiega, a bordo stagno: “Lo sforzo per rendere sostenibile il processo continua con i gusci, che trituriamo e utilizziamo periodicamente per ristrutturare il fondo dello stagno là dove potrebbero presentare condizioni di anossia pericolose per l’allevamento”. Nieddittas e MEDSEA, all’interno del progetto Maristanis, da tempo discutono la possibilità di avviare un progetto che vorrebbe sfruttare i gusci, di difficile smaltimento, per produrre materiali edili. La sensazione, composta dal lavorio degli uomini, dalle parole dei tecnici e dallo spazio, recintato per evitare la pesca di frodo e l’accumulo in discariche di rifiuti alieni, è quella di una azienda che vuole confondersi con il paradiso che la ospita, consapevole che la qualità del prodotto, e quindi il guadagno, nascono con la cura dell’ambiente.
La visita prosegue a bordo di un pulmino lungo la striscia di terra che corre fra il mare e lo stagno. Lo spettacolo è grandioso: aironi bianchi e grigi contemplano il teatro di giunchi e salicornie, o spiccano il volo. E ancora i cavalieri d’Italia, i falchi pellegrini ritti sui pali, i branchi di piccoli pesci che guizzano in superficie, fra i riverberi del mattino. O la peschiera che presto chiuderà i lavorieri per trattenere i muggini diretti a mare in autunno. Il signor Aramu invece è appena tornato, incaglia la prua quel che basta sulla sponda. Scende, prende sciogliere ordinatamente in riva la catena di nasse con cui ha pescato diversi chili di polpi, grigi e mobili nella cesta esposta con orgoglio. Viene da Marceddì, dove il consorzio a volte vende il pescato a Nieddittas.
“Sarebbe bello migliorare il rapporto che già esiste con un’azienda così seria, ma spesso cambiare le tradizioni è difficile nelle cooperative”.
“È certo una prospettiva interessante. Nel resto d’Italia il prodotto sardo è sempre visto come caratterizzato da alta qualità. Aumentarne la percentuale in produzione non potrebbe che essere positivo” afferma Cubadda, ora seduta nell’ufficio situato sopra l’impianto di confezionamento, che gira senza sosta. Nieddittas tutela i vivai a mare con bonifiche programmate. Periodicamente una squadra di sub specializzati si immerge per pulire il fondale da reti e plastiche portate dalle mareggiate o abbandonate da qualche incauto navigante. Una volta a settimana gli operai del porto a turno perlustrano le spiagge che si affacciano sui vivai per raccogliere l’eventuale accumulo di rifiuti. “L’ambiente nel quale si lavora va protetto, non sfruttato. La natura risponde allo sfruttamento estinguendo i prodotti che altrimenti è capace di dare. Le nostre cozze vivono in mare, si purificano con l’acqua del compendio. Per noi è essenziale che il mare sia incontaminato. Il loro sapore è unico, perché unico è l’ambiente dove vengono allevate”.
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