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Oasi di Seu, visitare il Sinis in punta di piedi

Foto di Maurizio Porcu, Alea

È quasi come se la macchia si aprisse solo al passaggio, e fosse pronta poi a richiudersi, come acqua. Dall’intrico basso e compatto si solleva uno sciame di piccoli uccelli in fuga. Si spargono nel terso cielo autunnale per posarsi e nascondersi all’unisono in un altro punto nel mare di cespugli.

Il maestrale, che qui è solito battere furibondo, oggi è solo negli arbusti, obbligati verso l’entroterra come fosse la mascagna in un volto. Poi la coltre si dirada, spunta la vecchia casa di don Efisio Carta, la torre spagnola, e il mare luminoso disteso fino all’orizzonte.

L’oasi di Seu è una zona residuale di macchia mediterranea del Sinis nel golfo di Oristano. Intorno i campi coltivati si spingono fin quasi all’orlo del litorale calcareo. Un tesoro naturalistico che l’uomo ha frequentato per millenni, intensificando la sua presenza solo nel corso degli ultimi cento anni.

“L’archeologia è chiara: il nuraghe nascosto fra le dune e il pozzo poco distante, i cocci punici e romani che ancora si trovano sul fondo dell’Area Marina Protetta. Seu è davvero un gioiello, sia dal punto di vista naturale che storico. Dobbiamo preservarlo, a partire dal segmento del litorale sul quale poggia la torre. Il processo di erosione è ben visibile e in futuro potrebbe risultare pericoloso per la torre” dice Maurizio Porcu, guida ambientale di Alea, la società cooperativa di ricerca e turismo ambientale che da molti anni organizza escursioni nell’oasi.

Per gran parte del ‘900 Seu è appartenuta a Don Efisio Carta, celebre proprietario dello stagno di Cabras. Era la sua riserva di caccia, ed è proprio nella radura che si affaccia sulla torre spagnola che il 16 novembre del 1978, dopo aver opposto resistenza, don Efisio venne rapito da un gruppo di banditi. Non fece mai ritorno a casa. Fino a metà anni ’90 Seu è stata un’oasi del WWF. “Il suo valore è inestimabile”, conferma Massimo Marras, direttore dell’Area Marina Protetta del Sinis-Isola di Mal di Ventre. “Numerosissime sono le specie floreali e faunistiche ospitate nell’oasi. Penso, solo per citare alcune fra le più note, alle testuggini e le lucertole”.

Ne disturbiamo una, placidamente stesa a raccogliere i raggi solari sulla pedana che conduce alla spiaggia di Is Caogheddas, ai margini settentrionali dell’oasi. Zampetta rapidamente lontano. La spiaggia deserta è un’allucinazione di colori. Solo alla distanza si scorge un ombrellone solitario. Nell’arenile passa assorto un fotografo. Si affacciano dalla strada sterrata tre ciclisti. Contemplano il panorama, ripartono. L’attrito delle ruote sulle pietre è l’unico suono nel silenzio perfetto. Ma la vita abbonda nell’oasi: “La vegetazione, costituita anche dai pini d’Aleppo e dagli eucaliptus, favorisce presenza e permanenza di molte specie”, spiega Lara Bassu, del team di Alea. “Penso al topo quercino, che beneficia particolarmente della presenza dei pini. O alle crucidure, individuate grazie al rigurgito degli uccelli notturni. È presente anche il mustiolo, il mammifero più piccolo d’Europa, che ha le dimensioni di uno scarabeo. A Seu è possibile incontrare i conigli selvatici, le lepri sarde e le volpi. Gli eucaliptus e la vegetazione che li accompagna garantiscono protezione ai cinghiali, in fuga dalla caccia. Quella che hai visto potrebbe essere una lucertola tirrenica, o una lucertola campestre. Nelle pozze d’acqua è possibile incontrare la raganella tirrenica, quella sarda, il discoglosso sardo e il rospo smeraldino italiano. Certo, il fiore all’occhiello di Seu è sicuramente la testuggine moresca”.

L’oasi è ricchissima di avifauna. Onnipresenti i silvidi, i piccoli uccelli che vivono fra gli arbusti come l’occhiocotto e la magnanina. Ma sulla distesa verde e sulla falesia volteggiano anche le pernici, i piccioni selvatici, le civette, gli storni neri e il gheppio. La notte è il regno delle civette e dei barbagianni. Assieme all’isola di Mal di Ventre, non distante dall’oasi, Seu rappresenta un importante approdo per molte specie di migratori primaverili e autunnali.

Seu deve essere visitata in punta di piedi, è una piccola gemma che riassume la bellezza del Sinis”, continua Lara. “In primavera e in autunno nelle ore più calde, al tramonto, d’estate. Noi di Alea abbiamo chiamato le nostre escursioni qui ‘Un tuffo nel verde’, che poi diventa però un tuffo nell’azzurro. A pochi metri dalla riva, muniti soltanto di maschera e boccaglio, è possibile visitare il relitto del rimorchiatore affondato qui nel 1983, oltre ai reperti di naufragi ben più antichi”.
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