Il drone prende a ronzare, si stacca da terra spargendo polvere e piccoli sassi. Esita qualche istante, come a soppesare lo stato di volo, poi schizza verso l’alto, per diventare un’intuizione bianca nel cielo azzurro. Dall’alto vede il mare poggiato sul golfo di Oristano, i campi gialli, verdi e ocra di maggio, i mezzi agricoli che si muovono lenti lungo i tratturi e il rettangolo di giovane granturco sottostante. La piccola macchia ronzante assesta la posizione. Comincia poi a disegnare percorsi trasversali al rettangolo della coltura, da quello breve per crescere fino alla diagonale e diminuire di nuovo nella corda dell’intersezione opposta, come comandato nel piano di volo precedentemente disegnato da Andrea Liverani, che controlla l’operazione molti metri più sotto, accanto alla colonna della stazione mobile che perfeziona il posizionamento, tablet in mano.
“Sta esitando un po’, ma non è il vento. È quel falco che gli vola intorno”, spiega il giovane pilota professionista. Un quarto d’ora appena e il drone cresce in misura e rumore, atterra depositandosi nella stessa zolla polverosa di partenza. La minuziosa radiografia del campo è già stata trasmessa al tablet. Il drone ospita sulla sommità un sensore che analizza le radiazioni solari. Sullo stesso asse, ma nella parte opposta della struttura, è innestato un secondo sensore. Sei fotocamere, cinque per lo spettro invisibile e una per quello visibile. “È un campo giovane, di tre settimane, in pieno sviluppo. Decisamente omogeneo, se la passa piuttosto bene. Grazie alla tecnologia possiamo finalmente operare concretamente per il bene condiviso di ambiente e comunità agricola”, afferma Liverani.
I voli di Andrea, 23 anni diplomato all’istituto logistica e trasporti e detentore di attestato di pilotaggio SAPR (sistema aeromobile a pilotaggio remoto) presto passeranno dal campo di famiglia, non lontano dalla Tanca Marchesa, a 50 ettari diffusi su tutto il comprensorio della bonifica. Le immagini che il drone è capace di catturare descrivono lo stato di salute della coltivazione, tutte le criticità causate da attacchi patogeni, concimazioni e stress idrico. L’irrigazione fondata su dati tanto rigorosi può portare a un risparmio d’acqua del 30%. Una enormità, specie in tempi di cambiamenti climatici. Ancora è viva nei coltivatori dell’oristanese la siccità che ha colpito le produzioni fra dicembre e febbraio, quando il Consorzio di Bonifica ha dovuto ricorrere a misure d’irrigazione straordinaria. Per questo la Fondazione MEDSEA, all’interno del progetto Maristanis, ha deciso di finanziare con la Coldiretti Oristano l’operazione che vedrà coinvolte dieci aziende del territorio, sulle quali settimanalmente verrà applicata l’avanzata analisi multispettrale, articolata poi in report mensili.
“È dal 2018 che Coldiretti Oristano ha deciso di intraprendere un percorso di adattamento ai cambiamenti climatici. In futuro l’agricoltura dovrà essere resiliente, o non sarà”, afferma Emanuele Spanò, direttore di Coldiretti Oristano.
Diverse le produzioni coinvolte nel progetto. Soprattutto mais, con sette aziende. Poi riso, sorgo ed erba medica. Ogni azienda metterà a disposizione 5 ettari, due ettari irrigati tradizionalmente e tre secondo il metodo sperimentale. La conservazione dell’acqua porterà non solo alla tutela degli ecosistemi, ma anche a un sostanzioso risparmio economico. “Le aziende hanno risposto con entusiasmo alla proposta. L’analisi condotta con i droni offre una visione di lungo periodo dei campi, è possibile intuire quanto tempo un particolare tipo di coltivazione potrà reggere nel tempo, e programmare in anticipo la sua sostituzione”, aggiunge Spanò.
“Tutelare l’ambiente è fondamentale per il benessere delle colture e dei consumatori. La fotografia costante dei campi porta anche a un risparmio consistente nell’utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti, permettendo ai noi agronomi di avere strumenti razionali per un’azione mirata e tempestiva. Nel tempo i rilevamenti andranno a costituire un archivio che garantirà una prospettiva storica dei campi, condizioni specifiche alle quali rispondere con misure specifiche”, spiega Luigi Fantasia, agronomo Coldiretti.
“La riduzione del consumo idrico è uno degli obiettivi principali del progetto Maristanis”, afferma Vania Statzu, economista ambientale e vicepresidente della Fondazione MEDSEA. “Lavorare con i produttori e le giovani idee d’avanguardia che emergono dal territorio appartiene al metodo sinergico, corale che Maristanis ha sempre adottato. Le zone umide sono fondamentali nella mitigazione dei fenomeni di alterazione del clima. Lavoro e ambiente possono, devono essere articolati in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Preservare l’acqua significa proteggere le zone umide, proteggere le zone umide significa aver cura delle comunità umane che le abitano”.
Sullo stesso tema, leggi anche rapporto mondiale delle Nazioni Unite “Acqua e cambiamenti climatici” in questo articolo.
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